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30.8.10

Judith Crawn - Parte 2


Mi hanno detto: “Finché terrai la bocca chiusa non ti verrà inferto alcun male”. Io ho risposto con un debole cenno del capo, sottomettendomi inevitabilmente. Non avevo scelta, il dolore che mi portavo dentro a quel tempo non poteva essere svelato, dovevo nasconderlo per poter sopravvivere.

I miei giorni scorrevano senza alcun significato dietro quei muri freddi e spogli, dietro quelle pietre fatte di silenzi assordanti e di verità mai rivelate. Troppo spesso si sentivano le urla di tutte quelle atrocità che non dovevano mai essere raccontate, eppure io sapevo cosa accadeva, dopo tutto quella gelida dimora era pur sempre il luogo in cui ero nata e cresciuta. Per me non vi erano segreti, io vagavo come uno spettro alla ricerca della luce in mezzo a quel cimitero di ombre.
Aspettavo solo che qualcuno mi portasse via da quell' inferno, che mai una sola volta si era rivelato un caldo focolare, solo una tetra ed enorme gabbia luccicante dalla quale era impossibile fuggire. Non avevo i mezzi né per sfidare né per ostacolare la mia famiglia, troppo avida di potere e di sangue, tolto senza alcun indugio agli schiavi che lavoravano per sostenere il lusso in cui eravamo sepolti. Avevo bisogno di qualcuno che credesse alle mie parole e che si fidasse di me al punto di aiutarmi a fuggire da quella prigione in cui avevo vissuto fino ad allora. Odiavo ogni centimetro di quelle profonde stanze e di quegli interminabili corridoi e ogni notte i miei sogni erano popolati da terribili presagi di morte.
Nonostante il dolore incessante tenevo sempre alto il desiderio di vivere, alimentato dalla continua speranza che un giorno tutto questo avrebbe trovato la parola fine.
Invano avevo tentato di fuggire dal castello natìo, ma le sue catene mi tenevano stretta a sé in una morsa invalicabile. “Dove credi di andare? Questa è la tua sola famiglia, non penserai davvero di poterci sfuggire? tu sei troppo preziosa per poter essere libera.” Quelle parole mi venivano recitate ad ogni mio tentativo di fuga e, come tutte le volte, restavo dei giorni ad indagare sul loro significato. In che modo ero preziosa? Non riuscivo a dare alcuna risposta a quella mia domanda, a dire il vero nessun membro della mia famiglia ha mai voluto rispondere a tale quesito. Forse Rosaline avrebbe saputo aiutarmi, ma lei non varcava più la soglia della mia camera da molto tempo ormai. Era sparita da un giorno all' altro, morta dietro una menzogna: non era di certo caduta dalla scogliera come aveva voluto farmi credere mio padre. L' ultima sera che la vidi ricordo che mi svegliai di soprassalto sentendo le sue ultime e soffocate urla di dolore. Poi un tonfo, poi il nulla. Per molto tempo mi obbligai a credere che quello fosse soltanto uno dei miei peggiori incubi, ma ogni volta che il ricordo mi saliva alla mente la sua voce era terribilmente familiare. La bugia che mi costringevo a seguire giorno per giorno non resse a lungo. L' apatia che mi pervase l' anima mi aiutò a sopportare la sua perdita.
La mattina del quinto anno dalla scomparsa di mia sorella c' era il sole. Non lo avevo mai visto splendere così. Lui arrivò quel giorno e finalmente la mia vita cominciò ad assumere significato, il vuoto stava per essere sostituito da sentimenti che ardevano di vitalità.

4 commenti:

Luigi Nalli ha detto...

Brava Julia! :)

Unknown ha detto...

Grazie mille! :)

Lola ha detto...

Bravissima!!!! :D

Unknown ha detto...

ma grassieeee! :)