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8.10.10

Judith Crawn - Parte 4

Judith giace a letto con i capelli sparpagliati sul guanciale, sembra priva di sensi e tiene gli occhi serrati come le finestre di quel castello. I giacigli cigolanti la fanno sorridere, sta visualizzando come quando era piccola, solo che da bambina faceva questo gioco sotto il letto, per paura di essere scoperta. Il respiro profondo gonfia il seno stritolato in quel corsetto bianco e nero, mentre i pensieri vagano per le stanze di quel castello cercando di uscire al di fuori di quelle mura e volare via con i nibbi e le fate. Come tante altre volte Judith si addormenta e sogna talvolta Sergey, talvolta sua madre. Ora è diverso, Judith si addormenta e cade in un sonno così profondo che la porta nei visceri dell'inconscio più oscuro, là dove la verità assoluta ristagna putrescente e abbondante di risa. Un fantasma anziano le appare davanti ai suoi occhi spalancati e pieni di spavento: "Juditta, segui il tuo spirito e rincorrilo ovunque vada, perché il tuo spirito è libero e vincente". Judith: "Chi sei?" Fantasma: "Sono vivo ma non lo sono, sono morto ma non lo sono". Judith: "Sembri un cavaliere". Fantasma: "Fui cavaliere e soldato, fui vittima e fui carnefice, segui il tuo destino". In un'altra dimensione non nota dove lo spazio è un grande sentiero a forma di otto, un giovane cavallo bruno corre con il suo crine opaco e forte che sventola nell'aria in mezzo al polline e ai soffi di vento, scalpitando su quei muscoli rossi e sincroni come gli ingranaggi di un orologio. Bellissimo, privo di colpa e così dinamico e fluido nel movimento da poter essere paragonato ad un macchinario di Leonardo. Imperfetto nel suo splendore, con un solo occhio, ovvero non privo di un occhio. Una bestia senza nome che corre di continuo in questo nastro di Mobius, in questo infinito di terra e pace, in questa clessidra di vita.
Judith si sveglia disturbata da una voce: "Juditta, ascoltami". Judith: "Rosaline!".